Non sono mai stato un uomo troppo sicuro di se stesso, ho iniziato a fare uno sport diverso dopo quasi 20 anni di palestra, proprio perché volevo mettermi alla prova, tra l’altro non in una disciplina, ma bensì in 3, senza averne mai praticata una in passato! Ho iniziato a correre proprio perché una radicolopatia mi impediva di allenarmi con i pesi ed è così che è iniziato un piccolo amore…
ok sono partito da troppo lontano…
Arriviamo a metà Ottobre 2021 quando, dopo uno dei miei lunghi anarchici (se il coach mi dice 18 ne faccio sempre almeno 20, così sto tranquillo) ne ho messi in fila 25 e mi sono detto “perché non attaccarne altri 15 e realizzare un sogno?” … ho sempre avuto il sogno di fare la maratona di Valencia, ho coltivato la speranza di poterla fare un giorno perché è una città che amo, clima mite, mare, buon cibo e gente allegra.
Per la prima volta ho avuto l’impressione che anche il buon Max, che mi segue da qualche anno e che non ha mai avuto perplessità sui miei obiettivi, facesse trasparire qualche remora sui tempi per preparare un obiettivo così importante.
Iniziamo comunque la preparazione e come sempre man mano che si avvicina l’obiettivo cerco un buon motivo per abbandonare e trovare un ottima scusa per non mettermi alla prova ed evitare di fallire… finisce sempre così.. stavolta però c’è di mezzo anche la mia famiglia, le mie bimbe che per la prima volevano volare e andare all’estero, leggere nei loro occhi l’entusiasmo per l’avvicinarsi della partenza alla fine ha vinto su tutto, anche sul covid che ricominciava ad imperversare.
Mi aggrappo allora ai buoni tempi fatti nei 2 lunghi preparatori e raccomando a mio papà di darmi un po’ della sua forza e del suo coraggio che ha dimostrato nelle ultime settimane di malattia non più tardi di 2 anni fa esatti.
Non contento decido anche di fare il pieno di incoraggiamento e di partire solo dopo aver salutato i miei compagni di avventure sportive da ormai 2 anni a questa parte, la mia seconda famiglia, i miei fratelli e sorelle che sapevo sarebbero stati fondamentali nella mia testa e nel mio cuore nei momenti di crisi della gara.
Si parte con 3 ore di sonno Sabato mattina da Bologna, destinazione Valencia, stringendo forte la mano di Giorgia al suo primo volo e mettendo da parte la mia paura di volare per dimostrarle che sembro davvero il papà forte che lei orgogliosamente racconta di avere…
Arrivati ci dirigiamo verso l’ Hemisferic e la zona di arrivo dove c’è il ritiro del pettorale, l’ansia sale tolgo il pettorale dalla busta e leggo i loro nomi stampati “Gio Becky”, avevo deciso di personalizzare così il numero, per dimostrare loro quanto siano importanti nella mia vita e quanto mi serva averle sempre accanto.
Cena senza spiccicare quasi parola, cerchiamo solo di capire dove sia meglio che si posizionino per vedermi passare almeno 2 o 3 volte, la paura mi domina e riesco solo a balbettare qualche parola… rientriamo in camera, doccia che non serve affatto a farmi rilassare ma con 3 ore di sonno alle spalle, alle 23 crollo e riprendo i sensi alle 5 circa.
Inizio a prepararmi mentre loro dormono ancora, sono come in trans, per fortuna avevo preparato una piccola lista con le azioni da fare e le cose da portare prima di lasciare la borsa al deposito, la leggo e rileggo almeno 10 volte, avviso Simona che vado a fare colazione e che in 10 minuti sarei rientrato per prendere la borsa ed andare.
Ci salutiamo e ci ricordiamo a vicenda che i punti in cui incontrarsi sarebbero stati il km 12, il 18 ed il 26…
Albeggia e in strada c’è un fermento da pelle d’oca, personale dell’organizzazione che instrada i partecipanti, gente che si riscalda con sacchi di plastica addosso già alle 7e30, odore di canfora e mentolo, la musica dell’organizzazione che inizia a scaldare le casse…
Mi dirigo verso il deposito borse, faccio un video da condividere con Venus con dentro l’alba, l’inconsueto fermento mattutino e la voglia di correre degli altri e mi chiedo cosa penserebbero i miei compagni di squadra se mi ritirassi ora.. cosa direbbero le mie bimbe… cosa penserebbe mia moglie…
Mi spoglio, fa capolino la pelle d’oca un po’ per l’aria frizzante del mattino ma soprattutto per l’adrenalina che sale; mi infilo le scarpette e mi metto la maglia invernale che mio papà usava per le uscite in MTB… si la felpa del post, quella che per quasi 2 anni è rimasta nell’armadio in silenzio, quella che non ho mai avuto il coraggio di indossare; sembrava che aspettasse solennemente una buona occasione per entrare ed uscire di scena, un capitolo del libro già scritto.
Lascio la borsa al deposito e inizio a sgambettare verso la zona di partenza, si respira tanta di quella adrenalina nell’aria che potrebbe incendiare la città…e presto scoprirò con i miei occhi che lo farà!
8e15 primo sparo di pistola per i pro e i runner sotto le 3h… pian piano si avanza sulla griglia, il ponte sarà a 400m circa, 400m di carne, muscoli e cuori che battono.
Mi tolgo mi metto la crema riscaldante custodita nella tasca della felpa, poi mi levo la felpa ed è arrivato il momento di salutarla per sempre.. la piego con tutto l’amore che avrei ancora da dare a mio papà e la appoggio in un angolo vicino alle transenne con la speranza di ritrovarla tra qualche ora, ma in cuor mio so già che è una speranza vana, è tutto scritto alla fine di quel libro che tra qualche ora mi svelerà il finale.
Non si può descrivere il momento in cui lo speaker annuncia il countdown del gruppo Verde, il mio quello accreditato di un tempo tra le 3 e le 4 ore, ho pensato a tutto e a niente in quel momento, ero frastornato ma una cosa la ricordo bene… ho iniziato a correre e a sorridere
Qualcosa o qualcuno (vero papà?) mi diceva di stare sulla sinistra della strada, dopo 100m mi levo la mascherina e perdo un auricolare “…ecco se il buongiorno si vede dal mattino, al km 10 mi ritiro”, torno indietro di 10m, gridando alla marea umana di non schiacciarlo come se potessero capirmi, ma il destino vuole che nessuno ci finisca sopra, lo raccolgo e riparto.
Tengo la musica spenta perché mi voglio godere questo fiume umano dentro e fuori dalle transenne, voglio sentire la gente, mi sento per la prima volta protagonista quando leggo sui cartelloni che agitano “animo campeones!!”, prima curva prima sorpresa: Simona e le bimbe che urlano come pazze!! (grazie papà, lo so che sei stato tu a farmi mettere dal lato giusto della strada)
Inizio ad esser padrone di me stesso, della gara, del cronometro e delle mie gambe… il ritmo c’è, le gambe anche, i km passano ed il tempo vola… 5 km significa GEL.. meno 1 e altri 7 alla fine.
Mi guardo intorno estasiato, ogni 2-3 km una banda con tamburi e trombe che suonano senza sosta al passaggio degli atleti per caricarli, i bambini tendono la mano per dare il 5 gridando “animo, animo”… è il paese dei balocchi, il sogno di qualsiasi runner e prego solo di non svegliarmi.
Km 10 via un altro gel e incrociamo sull’altro lato della strada Cherono & co che planano sull’asfalto, un altro sport ed un privilegio poter calcare lo stesso terreno di gara di questi campioni… a fianco a me un runner italiano,canotta della polisportiva Rimini, mi sorride e dice “che fenomeni!”
Sto per arrivare al km 12 dove sapevo di poter riempirmi di nuovo gli occhi, mi tolgo lo scalda collo che ormai non serve più e lo tengo in mano perché sono certo che qualcuno da lassù farà in modo di farmele incontrare di nuovo… ed eccole li che saltano a bordo strada!! Forza Papàààààààà!! Gli lancio lo scaldacollo insieme a un bacio soffiato…
Si va, ogni tanto qualcuno mi sorpassa, ma stavolta non faccio l’errore di pensare che sia io ad andare piano, il mio ritmo è ottimo, assolutamente in linea con quello che avevo già fatto in allenamento e che mai mi sarei sognato di fare solo 1 anno fa… devo solo dargli continuità e poi con quelli che mi sorpassano ora faremo i conti al traguardo, perché io ho intenzione di mollare di un cm.
Km 19, inizio a levarmi i manicotti perché ormai, nonostante il forte vento, la temperatura si sta alzando decisamente (in tutti i sensi); inizio a guardarmi intorno per cercare le compagne di avventura e lasciar loro in dote l’ultimo capo di abbigliamento superfluo ma non le vedo… vado avanti un altro chilometro quasi e pian piano si fa strada dentro di me il timore che la legge non scritta del “stai a sinistra” questa volta non funzioni… nonostante il sole in faccia vedo un pon pon nero che saltella in cima ad un cappello… si è Rebecca! Via i manicotti e penso che avrò ancora solo un’altra occasione per vederle…
Passaggio alla mezza appena sotto 1h35, meglio di qualsiasi più rosea previsione.. nonostante le sferzate di vento che spesso inducono tutti a cercare riparo davanti al runner che li precede. Insomma tutto perfetto… si potrebbe dire “cavolo che culo!” E invece no…
Km 26 circa inizio a sentire un forte dolore intercostale in basso a dx, zona fegato, che mi impedisce il classico “respirone” che serve a tagliare il fiato durante gli sforzi… perdonatemi ma non sono uno pneumologo o comunque un dottore, ma chi è avvezzo agli sport di endurance ha bene inteso cosa intendo..
Inizia a salirmi anche un po’ di ansia e preoccupazione, ma ho già vissuto questa sensazione con caviglie cigolanti, tendini incazzati etc etc; sono quei momenti in cui la maratona ti mette alla prova, quando arrivi al cospetto della regina, sai che ti metterà in difficoltà così e sai anche di essere solo, nessuno può aiutarti e devi trovare dentro te la forza di andare avanti, nonostante tutto.
Vado avanti con la consapevolezza che tra poco rivedrò “loro” l’ultima volta prima del traguardo, dovrò leggere nei loro occhi tutto l’amore che posso e centellinarlo chilometro dopo chilometro fino al traguardo.
Km 28, passiamo sul Pont de Fusta e ci dirigiamo verso la città vecchia, dovrebbero esser qui, ma non le vedo; l’ansia mi assale, mi guardo a destra e sinistra come un bambino che si è perduto e non vede i genitori … vado avanti così per quasi 2 km, con il dolore che aumenta anziché alleviarsi, rallento il passo e dentro la mia testa inizia a farsi strada un brutto pensiero.
Il cronometro impietoso sale di 10” al km, ma il male non passa ed il vento ci ricorda che le cose potrebbero sempre andare peggio.. c’è un ristoro al km 31 e decido di prendere una bottiglietta al volo per bagnarmi le labbra, con la speranza che dentro ci sia una pozione magica che faccia sparire il dolore al fianco. Penso che non avevo mai avuto bisogno di bere nei lunghi preparatori e questo, e da buon pessimista non faccio altro che farmi scendere l’autostima e la mia convinzione sotto le scarpe..
Si iniziano a vedere persone che mollano ed il famoso brutto pensiero di prima si fa sempre più strada, apre una breccia e mi dice “ma perché non provi anche tu a fermarti e camminare un po’?”…
MAI! So bene che se mi fermo e inizio a camminare, sarà un calvario che culminerà con il ritirarsi! Guardo una ragazza asiatica che si è fermata bordo strada piegata con il viso triste, traspare il livore nei confronti di se stessa; si sentirà in colpa per aver deluso se stessa o qualcuno che credeva in lei?
Inizio a fare la lista delle persone che credevano e che credono che io possa mangiarmi quel traguardo, penso a Max Gaiani, ai miei compagni di squadra che nel corso dell’anno hanno dimostrato di avere una forza d’animo indomabile, penso ai loro incoraggiamenti che meno di 36ore prima mi avevano reso così orgoglioso, penso alle mie figlie e a mia moglie che si sono sciroppate un viaggio così importante solo per vedermi tagliare quel cazzo di traguardo… penso a mio papà che vorrebbe vedermi aprire la porta di casa sua con al collo la medaglia di finisher, sorridermi con quel suo sguardo che diceva tutto anche senza fiatare… un rapido silenzio e poi “OH, allora???”
Pian piano il dolore al fianco si affievolisce, saranno questi pensieri tradotti in forza d’animo oppure una semplice casualità? poco importa perché ormai davanti c’è il ristoro del km 38.
Prendo una bottiglia al volo e me ne svuoto ¾ sulla testa, ci siamo sia io che quel testone cocciuto che non si è voluto fermare, siamo sempre più convinti che quel tappeto azzurro lo dobbiamo percorrere tutto a braccia alzate assaporando metro dopo metro.
Ma chi sono quelle 2 nanette che stanno saltando e gridando come pazze?? Stoppo la musica negli auricolari e le sento “arrivaaaa arrivaaaaaaaaaa!!!!! Sisi è lui!!!” Mamma Simona in lacrime… io incredulo!
Come nei migliori lieto fine, sono riuscite a sorprendermi come mai mi sarei aspettato…
Max, com’era la nostra parola simbolo per il 2022? “ Rinascita”, se non ricordo male… Ora capisco il pieno significato di questa semplice parola..
La strada si stringe ma non perché stiamo finendo su un sentiero, ma perché la moltitudine di gente lascia solo uno stretto varco per il passaggio degli atleti prima della passerella finale, sembra l’arrivo del Mortirolo quando gli scalatori vengono spinti dal tifo degli spettatori… è una sensazioni incredibile.
E poi all’improvviso l’orizzonte si allarga e si dipinge di un turchese famigliare, quello tanto desiderato e sognato in questi giorni… un cartello dice che mancano 400m, la fatica sparisce, le gambe avanzano e si alimentano di un carburante nuovo.
Mi sposto di lato, voglio solo far leggere il nome delle mie bimbe stampato sul pettorale ai fotografi.. vorrei che questo momento non finisse mai, pian piano si avvicina il traguardo ma ho promesso che non mi sarei mai fermato.
Arrivato sul traguardo, urlo contro il cielo con tutta la forza che mi è rimasta in corpo.. scacco alla regina.
Proseguo qualche metro e mi defilo, mi inginocchio e piango, senza vergogna. E’ liberazione, è la mia vittoria, la vittoria di chi ha creduto in me, è il momento in cui regali il tuo più bel pensiero a chi non potrai più abbracciare, è il pianto di chi è sempre stato scettico sulle proprie capacità senza rendersi conto della propria forza interiore.
Un inserviente mi si avvicina e mi chiede se sto bene… certo, gli rispondo, come poche volte nella vita!
P.S. questo è il picco cardiaco di tutta la maratona.. km 40.8 quando ho mi sono trovato davanti le mie puffette…un caso?